Dal Dossier "Osservatorio sulla Camorra e sull'Illegalità"
del "Corriere del Mezzogiorno" del 12/03/2009 di 'A67:
Don Diana e il valore della memoria
Il 21 marzo si terrà a Napoli la manifestazione itinerante
della memoria e dell’impegno di "Libera" per ricordare
le vittime di tutte le mafie, manifestazione che ormai da
quattordici anni ribadisce con forza la voglia di essere
contro tutte le mafie e contro la corruzione politica;
giornata che quest’anno assume, come non mai, un
significato incandescente vista anche l’ultima relazione
della Corte Dei Conti riguardo al sistema della corruzione
in Italia, per non parlare del tema della giustizia, che
negli ultimi anni ha toccato il fondo.
Credo che, in un clima politico come quello italiano, in cui
la bussola sembra impazzita e la sfiducia nei confronti
delle istituzioni e della politica in generale ha raggiunto
livelli difficilmente eguagliabili, la memoria sia l’unica
arma capace di far luce sul nostro presente e dar forma al
futuro restituendo senso alle nostre azioni.
La mancanza di memoria era per Bonhoeffer, teologo tedesco
protagonista della resistenza al Nazismo, il segno
distintivo del suo tempo; quella stessa mancanza di memoria
caratterizza anche i nostri giorni, nel senso che viviamo,
in forme e proporzioni diverse, un’ amnesia collettiva, o
meglio, una volontà ad occultare e ad infangare la memoria
evitando così l’assunzione delle proprie
responsabilità. Basti pensare all’oblio colpevole che lo
Stato italiano ha nei confronti dei morti ammazzati per
mafia e alla sua responsabilità nei confronti dei
familiari delle vittime che ormai da troppo tempo aspettano
verità e giustizia.
Quest’anno la manifestazione avrà un’ anteprima il 19
marzo a Casal di Principe in occasione del quindicesimo
anniversario della morte di don Peppe Diana, il prete di
frontiera che, attraverso il suo documento-appello "Per
amore del mio popolo" diffuso a Natale del 1991 in tutte
le parrocchie di Casal di Principe e dell’ aversano,
esortò la Chiesa affinché non rinunciasse al suo ruolo
profetico;
" Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la
denuncia e richiama il progetto originario di Dio"
(Ezechiele 3,16-18), che nella terra di Don Peppino
rappresentava e rappresenta la denuncia del potere
criminale. Don Peppino Diana era convinto che fosse
necessario programmare un piano di lotta, un nuovo impegno
delle chiese del territorio per uscire da una neutralità
ormai colpevole. Fu ammazzato dalla camorra di Casal di
Principe il giorno del suo onomastico, nel 1994, mentre si
accingeva a celebrare messa, solo perché aveva osato
parlare ed opporsi a quel sistema, proprio come don Puglisi,
ammazzato dalla Mafia il 15 settembre 1993 e come il vescovo
di El Salvador Oscar Romero, ammazzato il 24 marzo 1980
dalla dittatura che governava il suo paese, non a caso i
primi nomi ai quali fu accostato don Peppino.
Con Bonhoeffer cambiano i tempi ma non l’impegno, visse
negli anni bui della dittatura nazionalsocialista, e
all’interno di essa non si limitò ad accusare la Chiesa
Evangelica ufficiale di aver riconosciuto l’autorità
del regime anche quando furono emanate le prime leggi
hitleriane del Marzo 1933, ma, addirittura, prese parte
alla congiura che intendeva bloccare Hitler. Il teologo si
allontanò dalla chiesa ufficiale affermando che questa
avrebbe dovuto avere un obbligo incondizionato nei
confronti delle vittime dell'ordine sociale, anche quelle
che non appartengono alla comunità cristiana. Dopo un anno
e mezzo passato in carcere, Bonhoeffer fu impiccato nel
campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945.
Toccante risulta essere la risposta che il teologo diede a
un compagno di prigionia che gli chiese come potesse un
sacerdote partecipare a una cospirazione politica che
prevedesse anche l’uccisione di persone: « Quando un
pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come
pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le
famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e
afferrare il conducente al suo volante ».
La stessa coscienza, la stessa presa di posizione e lo
stesso impegno hanno portato alla medesima tragedia con
l’unica differenza che Bonhoeffer e Oscar Romero sono
vissuti all’interno di due spietate e sanguinarie
dittature, mentre Don Peppino e don Puglisi, vivevano in un
governo che si definisce democratico, ma che lascia sedere
comodamente in parlamento dei condannati in via definitiva.
Un governo che non solo non fa luce sulle innumerevoli
stragi e omicidi di mafia, ma, addirittura, ne infanga la
memoria.
È per questo che oggi più che mai abbiamo bisogno di non
dimenticare, anzi di imporci in modo ossessivo il ricordo,
la memoria, di chi ha dato la vita in nome di un’ idea di
stato e di giustizia, affinché noi potessimo vivere in un
mondo migliore che, come spesso ci ricorda don Tonino
Palmese, è possibile. Il tema di quest’anno per la
manifestazione di "Libera" fa riferimento proprio ad una
frase di Don Tonino Palmese: "l’etica libera la
bellezza"; io mi auguro che con la primavera possa
nascere la speranza che i condannati in via definitiva che
siedono nel nostro parlamento e che ci rappresentano trovino
proprio quell’etica di cui parla Don Tonino Palmese,
quell’ etica capace di liberare la bellezza di un atto
semplicissimo: dimettersi.
di‘A67
Un abbraccio forte a tutti
'A67
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mercoledì 18 marzo 2009
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